Donnarumma, il portiere della nazionale, sembra essere stato l’ultimo in campo ad aver dato spazio alla gioia per la vittoria di domenica sera.
Dopo aver parato l’ultimo tiro di Euro 2020, parata che ha sancito la vittoria della sua squadra, mentre tra i suoi compagni esplodeva la meritata gioia, il ragazzo non ha esultato, ma ha lasciato la porta come se nulla fosse, prima di essere travolto dall’abbraccio dei compagni.
“Non ho esultato perché non avevo capito. Ero giù per il rigore sbagliato da Jorginho e credevo avessimo perso, poi ho guardato l’arbitro per capire se era tutto ok. Quando ho visto i miei compagni arrivare verso di me non ho capito più nulla…”.
Spesso è capitato anche a me… di avere una fase di latenza che segna la distanza tra l’evento gioioso nella realtà e la possibilità di realizzare quella gioia dentro di me fino a poterla esprimere.
Mi è capitato di non capirci nulla e di cercare tracce di felicità nel volto altrui per capire se era vero per davvero.
Mi è capitato alla tesi laurea, quando sono nati i miei figli e quando ho pubblicato il mio primo libro.
Io non conosco Donnarumma e la sua storia, ma conosco la realtà di chi ha bisogno di tempo per passare da uno stato emotivo all’altro, o di chi è abituato a reagire con maggiore prontezza ad un rifiuto con amarezza o con rabbia ad una minaccia, invece con la gioia si trova d’impaccio, non capisce, ci mette tempo a carburare il piacere di una vittoria.
Per i diesel della gioia, considerati forse strani da molti, l’esultanza non si consuma rapida, non esplode repentina, ma prende una strada un po’ più lunga che passa per vari stadi, fino a potersi esprimere piena e non meno durevole.
Mi piace pensare che in molti ci siamo riconosciuti in quello sguardo incredulo che segna l’istante in cui non sappiamo ancora che le cose belle possono accadere… anzi stanno già accadendo.
Manuela Toto