Strappare lungo i bordi è la prima serie tv animata di Zerocalcare lanciata da Netflix.
Sei puntate in cui ci si trova immersi nel flusso di coscienza di Zero che racconta i tentativi di adultità di un’intera generazione.
Le scelte linguistiche (romanaccio senza filtri) trascinano il fruitore negli odori della capitale, in un mood di pensieri ipocondriaci, che a tratti fanno ridere, più spesso pensare, fin dentro le pieghe interiori del protagonista.
In fondo, quando parliamo a noi stessi, lo facciamo con le parole delle nostre origini e Zero parla continuamente con se stesso con spudorata onestà e trasparenza, talmente tanto da farci sentire vicini e in più tratti, tra una risata e l’altra, via via che si prosegue con gli episodi, le linee tratteggiate del protagonista si fanno simili alle nostre, al di là di quanti anni abbiamo e di quale sia la nostra storia.
La genialità di Zero sta nell’aver raccontato tutto così come ci accade dentro, nell’aver eviscerato tutti quei perversi meccanismi mentali in cui inevitabilmente cadiamo quando rischiamo di pensare troppo la vita per evitare di viverla. Il sistema relazionale disegnato dall’autore è una perfetta rappresentazione delle nostre parti interiori: l’armadillo come un grillo parlante insieme a Sarah, la voce della razionalità più vicina al reale, smontano i deliri e le proiezioni continue di Zero sulla realtà.
Il flusso interiore di letture e vissuti emotivi, di distorsioni, blocchi e leggerezza, s’inserisce in un panorama sociale e culturale che è proprio quello di questo nostro tempo, in cui non ci sono piani definiti facili per nessuno, in cui la nostra (e parlo pure per me) è una generazione a cui hanno promesso una vita facile per tutti i diritti già conquistati dalle dure lotte di quelli venuti prima di noi. E invece non è esattamente così.
Non ci sono linee tratteggiate per capire dove andare e alla fine la riflessione di Zero sul senso della vita si affaccia su un abisso inimmaginabile, che ci permette finalmente di spegnere il flusso ingombrante di pensieri e tornare alla vita, quella vera.
Da vedere.
Da pensare.
Manuela Toto